sabato 4 luglio 2015

NATALE: L'UOMO PRIMA DI TUTTO

Il Natale può essere considerato da tanti punti di vista: dai più astratti, teologici, teorici, celestiali, ai più concreti. Ed è sul significato della concretezza umana che io desidero soffermarmi. In effetti se Dio si è fatto uomo dimostra che non solo Dio, primo polo, ma anche l'uomo, secondo polo di questo evento mistero, è importante: ha una dignità, dei diritti ancor prima che dei doveri. Il Natale non mi porta soltanto a lodare Dio nell'alto dei cieli, ma anche a prendere atto del rispetto che Dio ha avuto, ha ed avrà per il soggetto uomo. Ogni uomo, con il suo colore, la sua razza, la sua cultura, la sua etnia, i suoi limiti e i suoi eroismi, i suoi slanci e i suoi traumi le sue virtù e i suoi peccati, con la sua fede ed il suo ateismo. Gesù non è venuto a donarci una fede ed ad imporci una religione, ma ad aprirci gli occhi sulla nostra profonda identità, fonte di diritti ancor prima dei patti sociali, a farci diventare dono per gli altri. A ricordarci che la religione viene dopo l'uomo, lo segue, lo accompagna, lo purifica e lo rafforza nella progettazione del suo destino e della sua destinazione. Dunque Natale non è soltanto porre Gesù Bambino nel presepio, ma situare l'uomo al centro del nostro universo, del mondo, della politica, della cultura, dell'interesse. E spendersi per questa causa. Dio prima che al fedele e al religioso dà la precedenza all'uomo, a tutto ciò che all'uomo conferisce un senso.
                                                       Un Gesù troppo divino
È un po' rovesciare la piramide tradizionale, che come dice il «Codice da Vinci» è stata un eccessiva preoccupazione del passato: caricare Gesù di troppa divinità per tenerlo lontano dall'umano. Come Dio nel Natale, così pure l'istituzione chiesa, fondata da Gesù, deve porre l'accento sull'uomo e mettersi al suo servizio. Facendo attenzione di non identificare essa stessa o la gerarchia con la chiesa popolo di Dio, operazione riduttiva e indebita. L'istituzione è il carisma nella chiesa, legittima solo quando si pone al servizio del tutto. Gli studiosi in materia oggi discutono se Gesù avesse realmente voluto fondare un istituzione chiesa indubbiamente sì, anche se probabilmente non cosi pesante, onnipresente, invadente come talvolta capita in Italia. Questo però è un discorso non di sostanza ma di applicazione locale. Comunque essendo l'uomo un essere sociale è ovvio che un minimo di istituzione, assunzione di responsabilità, segno di unità è nella logica dei fatti e nella natura dell'essere umano. Anche in famiglia fra genitori e figli un minimo di orientamento, di stare alle regole, di educazione ai valori è necessario. Se no tutto diventa arbitrio e si va allo sbando. Così quando dalla famiglia si passa alla società, al popolo, all'umanità. Di conseguenza anche nella chiesa un'istituzione chiamata gerarchia ha la sua legittimità. Però come servizio per l'uomo. Secondo quanto diceva Gesù: non è l'uomo per la legge (=istituzione), ma la legge per l'uomo. Non è l'uomo per la chiesa ma la chiesa per l'uomo. Viene in mente qui il messaggio che Gesù ha lanciato a Pietro. Allorché quest'ultimo sognava un istituzione chiesa imperiale, monarchia, padrona delle nazioni, onnipotente, ricca, sfarzosa, carica di applausi e di conseguenza scongiurava a Gesù la morte di croce, la fine del topo, l'apparente fallimento del suo Regno di Dio, Gesù gli rispose: «vai indietro da me Satana, tu non sai nemmeno di che spirito sei». Una bella gratificazione allorché subito prima gli aveva dato l'investitura: «tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la chiesa».
Per Gesù l'istituzione chiesa è si importante, ma non insostituibile. Se sta al servizio del suo interesse e aspira ai potentati umani non ha diritto all'esistenza. Tale diritto le viene dato solo se si spende con amore e sacrificio agli ultimi, cioè ad ogni uomo povero, ad ogni povero uomo e qui dentro ci siamo tutti. Per capire come la chiesa debba spostare il baricentro anche lei verso l'uomo, come ha fatto Dio con il Natale di Gesù, va ricordata che mentre tutte le istituzioni umane sono autoreferenziali, l'istituzione chiesa invece è «altero referenziale». Cioè uno Stato con la sua costituzione, legislativo, esecutivo, amministrativo, penale non rimanda al di là di se stesso. Il trasgressivo ad esempio viene condannato alla galera, e dopo tutte le trafile del caso, ricorso, cassazione, ecc. in galera ci resta. Tutto comincia e finisce lì, con l'istituzione. Per la chiesa invece è diverso essa non è fine a se stessa, rimanda ad un altro, a Dio, cioè è alteroreferenziale. L'ultima istanza dell'uomo nel campo morale non è la chiesa, ma Dio, attraverso la coscienza dell'uomo stesso, che anche se fosse invincibilmente erronea è l'ultima norma di comportamento. Lo dice Paolo nella lettera ai Romani. Il compito della chiesa non è quello di stilare un documento di salvezza o di condanna della persona, ma quello di portare, indirizzare ogni uomo a Dio. Essa non è una stazione terminale, ma una segnaletica del «vai oltre», vai verso Dio, l'arco che lancia la freccia. Quindi rispettando l'essere umano, il suo passo malfermo, le sue scarpe rotte, le sue poche energie forse debilitate. Se per ipotesi la chiesa istituzione non esercitasse questo compito, si facesse essa stessa Dio, fonte ultima di moralità e di assoluzione usurperebbe il posto di Dio e perderebbe la sua legittimazione.
                                        In 20 anni da 2 a 40 milioni di ammalati Aids
Ed è da questa prospettiva che vengono poste alla chiesa oggi molte perplessità. Come dire: «Dio sì ama l'uomo è lo rispetta, la chiesa un po' meno». Obbiezione tipica che molti giustamente si fanno. Eccola: i malati di Aids dal 1985 al 2005 sono aumentati da 2 a 40 milioni. Si potrebbe prevenire il contagio con la diffusione dei preservativi. La Chiesa «istituzione gerarchia» invece lo proibisce, imponendo agli africani e agli sprovveduti del terzo mondo castità e continenza. Perché scagliarsi tanto contro l'aborto e l'espulsione del feto di qualche settimana, non nato, e lasciar morire milioni di persone nate, adulte, coscienti? Non è questo un atteggiamento degno del rimprovero di Gesù: «guai a voi scribi farisei ipocriti che ponete sulle spalle della gente pesi enormi che voi non toccate nemmeno con un dito?» A questa obbiezione non si sa che rispondere. Si sa che nel Natale Dio si è fatto uomo e dubito che lascerebbe morire in questo modo tanti esseri umani, solo per salvare «l'istituzione antipreservativo». Ampliamo la casistica. Gesù disse: «venite a me voi tutti che siete affaticati ed oppressi e io vi ristorerò». E qui l'obbiezione passa ai divorziati che interpellano la chiesa: «Ma perché a noi è vietata la comunione? La comunione è un diritto per gli 'onesti', un premio per i 'bravi' o è un aiuto per i deboli, gli stanchi, le vittime di situazioni alienanti, di incidenti nel percorso morale della vita?» Come si comporterebbe Dio e Gesù nel caso? Certo Gesù non ha mai smorzato la fiammella vacillante e ha promesso: «Padre di tutto ciò che mi hai dato non voglio perdere nemmeno un frammento». Questo è amore dell'uomo, l'uomo al centro di tutto. In una recente «Festa dei Popoli» dopo di aver sottolineato che di fronte a Dio non ci sono regolari ed irregolari, ma solo diversi, si avvicinò al mio posto di tavola a pranzo un giovane sui 30-35 anni e mi disse: «come mai Lei rappresentante dell'istituzione, ha parlato in questo modo? lo sono doppiamente 'irregolare'. Primo perché gay omosessuale, secondo perché convivo con un altro gay. Biologicamente io sono nato maschio, ma psichicamente mi sento donna. Lei mi incoraggia a non sentirmi 'irregolare' a sentirmi io stesso accettato, non soltanto da Dio sul quale non dubito, ma anche da persone appartenente all'istituzione chiesa». Al che gli risposi quanto sopra: «l'istituzione chiesa non è preparata ad amare e accettare i diversi, come fa il Signore. Però dobbiamo adoperarci verso quella direzione. Dipende anche dalla nostra corresponsabilità. L'umanizzazione della chiesa non è un fatto acquisito, ma una meta mai totalmente raggiunta».
Un augurio per ogni Natale; Che un Dio, faccia della istituzione chiesa il segno di speranza, la casa dell'accoglienza.

Autore:
Albino Michelin
09.12.2005

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