sabato 4 luglio 2015

AI CATTOLICI ITALIANI ANCORA PROIBITO CAPIRE

Allorché in Italia o qui mi trovo a discutere con alcuni gruppi di chiesa qualcuno spesso mi osserva: "scusi, ma lei che parla in questo modo è un prete cattolico o protestante? Oppure:"mi sa che lei sulla religione dice delle cose che io ed altri abbiamo sempre pensato ma non abbiamo mai avuto il coraggio di parlare per non infrangere il tabù dell'ortodossia, per non sentirci etichettati come protestanti?". La risposta potrebbe essere anche semplice: perché da secoli siamo stati educati e quindi abituati come cattolici a credere (obbedire, combattere) senza capire. Proprio come il titolo del recente libro di Gigliola Fragnito. Quando il 7 marzo 1965 s'iniziò a celebrare per la prima volta la messa non più in latino, ma in italiano o secondo le lingue nazionali, Papa Paolo VI dichiarò che quell'evento memorabile, aveva sacrificato tradizioni di secoli per arrivare a tutti. Eppure ognuno ricorda che allora molta gente obbiettava che si capiva meglio quando non si capiva niente. Il lettore perdonerà se abuso un po' della sua pazienza e prendendoci per mano trovare le origini storiche di questo "proibito capire". Paolo Sarpi faceva nel 1590 la seguente analisi, tradotta in italiano corrente. «Niente meraviglia più chi conosce gli italiani che osservare questo popolo accorto, sagace, sottile in tutte le cose, diffidente ad acconsentire senza motivo, essere però nelle cose della religione tanto trascurato da non preoccuparsi né di saperla né di vederla, avendo per principio che il capirla non è cosa che lo riguarda. Per cui abbiamo uomini dottissimi nelle varie scienze che nella religione non sanno nulla, nemmeno se ciò in cui credono sia credibile o meno, contenti e persuasi che a loro basti credere quel che passa la romana chiesa senza chiedersi né perché né come. Per cui gli avveduti preti hanno avuto bello agio di accomodare la religione ai loro interessi». Chi scrive cosi non è né un protestante, né un anticlericale, né un ateo. E' il Superiore Provinciale dei frati Servi di Maria, veneziano (1552-1623).
                               L’indice dei libri proibiti: educazione o repressione?
Questo religioso si rifà ad un documento di 40 anni prima (20.11.1553) in cui si legge la risposta di una commissione di tre dotti vescovi, incaricati da Papa Giulio III ad arginare la riforma di Lutero che aveva tradotto e divulgato fra il popolo la Bibbia. «Non permetta la lettura del Vangelo in lingua volgare, basta quel poco e in lingua latina durante la messa. Così gli interessi di Vostra Santità potranno prosperare. Il Vangelo è il libro che più di ogni altro ha suscitato contro di voi una vera tempesta, poco ci è mancato che tali interessi siano andati totalmente perduti. In effetti se uno confronta il Vangelo con quello che si fa nella nostra chiesa, si accorge delle diversità, discordanze e contraddizioni. Se il popolo venisse a sapere diventeremmo oggetto di disprezzo e di odio in tutto il mondo. Quindi bisogna sottrarre la Bibbia alla vista del popolo, ma con grande cautela per non suscitare tumulti». Pure questo documento si iscriveva in una certa linea e lunga tradizione risalente a quasi 4 secoli prima. In effetti Papa Innocenzo III (12.7.1199) condannava «la gran moltitudine di uomini e di donne di Francia che presa dalla curiosità per le sante scritture si è fatta tradurre i Vangeli ed altri libri sacri, così i laici si sono arrogati il diritto di esporre (alla lettera 'eruttare') tali scritti e di predicare gli uni agli altri. Chiaro il riferimento a Valdo (1140-1217), il S. Francesco dei protestanti, predecessore del nostro S. Francesco (1182-1227) ma dell’identico spirito evangelico offensivamente dall'Enciclopedia cattolica salesiana definito eresiarca, precursore dei riformati protestanti, testimone di una chiesa dei poveri e dei laici, divulgatore della Bibbia fra il popolo. Nonostante ciò va detto che la cristianità italiana fu una delle prime in Europa all'uso dei testi sacri in lingua volgare. Ma allorché subentrò la riforma di Lutero verso il 1520 con una vera riscoperta della Bibbia per tutti, della rifondazione della coscienza personale, del rendersi ragione della propria fede, allora la controriforma della Chiesa cattolica divenne chiusura e censura a tutto campo. Nel 1558 fu istituito il Sant'Ufficio con l'indice dei libri proibiti, in testa la Bibbia tradotta. Questo Ministero dell'educazione cristiana (o della repressione) non mirava tanto a salvare la fedeltà delle traduzioni onde evitare confusioni d'interpretazione, quanto piuttosto ad impedire un più largo accesso ai libri sacri. In effetti Lutero non fu solo un caposcuola, ma soprattutto il frutto maturo dell'esigenza popolare che ricerca a una maggior purezza nella fede e nei costumi. A tale scopo il Santo Ufficio non solo proibì la lettura della Bibbia nella propria lingua, ma anche l'uso dell'italiano nel catechismo, nelle preghiere di devozione e nella liturgia. Formule e pillole dogmatiche da mandarsi tutte in latino, salvo rare eccezioni. Cosi nulla capendo di Latinorum si bestemmiava un gergo morto e sepolto lodando Dio. lo stesso ricordo che nelle sere della mia infanzia si cantava il «tersetto» cioè la terza parte del rosario, dove tutta la contrada declamava orante «Ave Maria sti Jesus, Santa Maria sti ame».  Un diario dell’Inquisizione di tre secoli or sono riferisce di un certo mugnaio Menocchio che gridò: "il parlar latino è un tradimento dei poveri». Inoltre furono proibite tutte le opere letterarie di intrattenimento edite in lingua italiana. Noto il caso di un ciabattino di Spilimbergo (Udine) cui fu ingiunto sotto peccato mortale di consegnare la sua biblioteca, cioè tre libri, il Decamerone del Boccaccio, l'Orlando Furioso dell'Ariosto e la Bibbia. Dopo di che bestemmio’ in friulano: "Zurai di non lezer più". Il 1O luglio del 1620 a Genova furono bruciati 6mila volumi fra cui Macchiavelli e Bibbie in italiano.
                                  Per andare in paradiso, obbedienza e non sapienza.
Al tempo esisteva solo un canale televisivo, il pulpito delle chiese con un Cardinale Federico Borromeo (1620) che nel Duomo di Milano predicava: «il cattolico deve circoncidere (= mutilare il proprio intelletto)». Per andare in paradiso non si esige sapienza, ma obbedienza. Cioè proibito capire! E il vicentino Conte Galeazzo Trissino che si peritò di commentare in italiano il Genesi (Primo libro della Bibbia) fu raggiunto dalla minaccia di ritradurre il tutto in latino o di bruciarlo (20.3.1610).  Altrimenti ciò facendo metteva a repentaglio la fede delle «mulierculae (donnette) et simplices (dei semplici)». Epiteti che venivano poi completati da molti altri, tipo «ignoranti, incolti, cafoni ecc». Insomma si doveva preservare il popolo fanciullo dell'eresia e dal demonio protestante. Questo monopolio ecclesiastico della cultura, questa riduzione della cultura all'apprendimento del catechismo e delle formule di chiesa, questa lotta contro l'uso dell'italiano nelle preghiere e nella liturgia, mentre non ha avuto nessun seguito nei Paesi protestanti del Nord Europa ha però segnato profondamente il nostro popolo e a detta di alcuni rappresenta una delle cause del nostro analfabetismo culturale, senza dubbio di quello religioso. All'Italia è mancata per 4 secoli una grossa chance: il confronto protestante. E come sempre allorché ad un fiume si sbarra il proprio corso, esso devia e se ne costruisce un altro. Uno dei motivi per cui dal 1500 in poi la religiosità italiana si è riversata dalle «ragioni della fede» al sentimentalismo, con apparizioni mariane, con inflazioni di santi e di miracoli, un po' veri e molto immaginati è anche questo. Vietata la via razionale, si scantona in quella irrazionale. Che sul piano pratico ha portato anche all’ipocrisia (basta andare in chiesa e poi fare i cavoli propri) e sul piano sociale alla corruzione, beati i furbi. Con questo lungo periodo di politica anticultura (si vada adagio ad osannare la chiesa cattolica quale vessillo di civiltà) abbiamo l'identikit attuale della religione italiana: privilegiata la precettistica morale e comportamentale, sottratte alla discussione, e comprensione dei laici le grandi tematiche del Vangelo e della fede di Gesù, la fondazione di una coscienza personale, la responsabilità dell'individuo nei confronti della società. Al cattolico italiano è stata tolta la curiosità intellettuale del messaggio cristiano, favorendo la tendenza al conformismo, all'apatia, all'indifferenza motivazionale, all'anoressia spirituale. Il caso del referendum sulla procreazione assistita (12.6.05) in cui i vescovi italiani hanno consigliato l'astensione tout-court perché in definitiva «a noi cattolici è proibito capire» dimostra che siamo ancora punto e a capo: medioevo profondo!
E la rimozione di Padre Rodolfo Zecchini, direttore dell'Istituto teologico di Verona (dimostratosi possibilista sugli aspetti filosofici del dibattito) da parte del proprio vescovo di allora Mons. Carraro conferma che siamo ancora ritornati alla logica del rogo, sia pure in chiave moderna, cioè antica ma riveduta e corretta. Infine una certa fuga verso le cosiddette sette o verso i Testimoni di Geova spesso è il sintomo “coraggioso” di gente che per secoli a senso unico indottrinata nelle nostre chiese, negli istituti, negli educandati delle suore, desiderano una propria libertà di pensiero e di coscienza. Così ci stiamo accorgendo che l'educazione al «Proibito capire» non paga e in futuro pagherà sempre di meno.

Autore:
Albino Michelin
03.11.2005

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