domenica 5 luglio 2015

SIAMO TUTTI INTELLIGENTI: MA LA SCIENZA NON SEMPRE È COSCIENZA

Chi di noi non ha mai sentito proferire espressioni del genere: “con tutta la sua intelligenza e i suoi studi quello lì non capisce quanto è maleducato”. Vuole dire che la cultura e l’intelligenza non ha nulla o poco a che vedere con la morale e l’onesto comportamento. Oppure pensiamo a Enrico Fermi che nel 1934 ha scoperto la bomba atomica. Grande intelligenza, premio Nobel per la fisica. Ordigno sganciato poi su Hiroshima in Giappone il 6/8/1945 causando dai 100 ai 200 mila morti civili. Tanta scienza ma usata senza un minimo di coscienza, la scienza non è coscienza. O all’opposto circolano tante persone non acculturate, analfabete, “ignoranti” che sono servizievoli, un cuore d’oro, danno una mano a tutti, sanno persino perdonare e passare sopra ai torti subiti, non si vendicano. E si constata che la coscienza o la buona morale non ha nulla a che fare con la scienza o meglio non si identifica. Si dice che tutti abbiamo un cervello, è vero, ma qualche volta ragiona ed altre sragiona. L’affermazione porta a rendersi conto un po’ anche dei nostri tipi di intelligenza e vedere se in qualcuno potrebbe trovare sito la nostra coscienza umana, oppure se essa abbia altre origini. Proviamo a fare un viaggio insieme Al momento attuale i neurologi parlano di 8 tipi di intelligenza.
Primo: logico-matematico. Implica il pensare secondo la logica deduttiva. Permette di valutare gli oggetti scoprendone le relazioni e i principi ad essi sottesi, il saper svolgere calcoli complessi, ma pure una predisposizione al pensiero scientifico e all’investigazione. Tipica di filosofi e scienziati, come Einstein, in Italia oggi anche Odifreddi.
Secondo tipo: linguistico verbale. Padronanza della parola sia orale che scritta. Capacità di insegnare, spiegare, apprendere, convincere. Memoria verbale, humor basato sulla lingua. Esempio di ciò sono linguisti e poeti.
Terzo tipo: visivo spaziale. La capacità di ricreare esperienze visive anche in assenza di stimoli fisici, la sensibilità ai colori e alle forme, alle immagini mentali e di manipolarle. Capacità di percepire un fenomeno da angoli diversi, senso dell’orientamento. È l’intelligenza di artisti e architetti, ma pure di cartografi, piloti, giocatori di scacchi.
Quarto tipo: naturalistico. Riconosce e classifica gli oggetti naturali. Non si tratta solo di sensibilità per la natura, ma implica la capacità di osservare l’insieme e le parti del tutto, classificando e catalogando.
Quinto tipo: musicale. Si esprime nel discriminare con precisione altezza di suoni e di timbri. E di conseguenza l’apprezzamento del ritmo. È parallela all’intelligenza linguistica e matematica. Non è un caso che poeti e matematici siano spesso anche abili musicisti, vedi Van Beethoven.
Sesto tipo: intrapersonale. È comprensione di sé, di chi si è, di cosa si cerca di raggiungere. Comprende notevole concentrazione mentale, autodisciplina, autostima. Ma pure la capacità di fermarsi al momento opportuno. E’ l’intelligenza del filosofi, ma anche dei capitani d’industria. Ha pure un handicap: chi è più portato verso questo tipo d’intelligenza rischia di non lasciare emergere le altre.
Settimo tipo: interpersonale. Sensibilità a leggere stati d’animo, motivazioni e sentimenti altrui percependoli da espressioni del viso, voce, gesti. E’ l’intelligenza del leader e di chi si occupa di volontariato, oltre ad immedesimarsi negli altri riconoscendo il bene generale, consente di battersi per ottenerlo, creando consenso. Vedi Gandhi.
Ottavo tipo: esistenziale. Riguarda la capacità di riflettere sulle tematiche fondamentali dell’esistenza ed una propensione al ragionamento astratto per categorie concettuali.
Tutta questa è una elencazione elementare e funzionale, nel senso che non esiste un tipo di intelligenza allo stato puro, ma spesso combinata. Oltre a questo elenco di classificazioni oggi si tenta di analizzare i due lobi del cervello e di collocare in quello destro determinate funzioni specifiche alquanto differenziate da quello sinistro. Questo sarebbe la sede della razionalità: lingua parlata e scritta, matematica, logica, capacità di dettagliare, differenziare, classificare. Quello destro invece sede dell’emotività, dell’istinto, dell’intuizione, dei sogni della comunicazione gestuale, sensibilità, sensualità, linguaggio spot e killer, fantasia, creatività, fede, misticismo...
Anche questa collocazione non è incomunicabile fra i due lobi, ma ogni processo mentale coinvolge entrambi gli emisferi cerebrali. Anche se è risaputo che ogni lesione ad un suo neurone, ad una sua cellula, porta ad una paralisi della funzione corrispondente. Però la coscienza non si sa dove collocarla, non la si trova nei tipi di intelligenza su elencati, non la si trova nemmeno legata ad uno dei due lobi. E nemmeno in uno del miliardo di neuroni-cellule che compongono il nostro corredo mentale. Vi sono scienziati che tentano delle soluzioni deterministiche: come Lombroso per il quale l’uomo nasce criminale e criminale resta. Insomma la coscienza sarebbe frutto della nostra anatomia cerebrale, con relativi pregi e anomalie. Risulta una volta di più che come e dove si fondi la coscienza resta inspiegabile. E di conseguenza inspiegabili il come e il dove si fonda il nostro giudizio morale, cioè il giudizio personale a che un’azione sia giusta o ingiusta, buona o cattiva. Sembra assodato che le intuizioni morali etiche siano universali ed innate, indipendenti dall’età, dal sesso, dalla credenza religiosa, invece i processi razionali si sviluppano in seguito, sia che si tratti della vita personale o della storia dei popoli. Mentre variano le giustificazioni per tali motivi. Cioè tutti nascono con l’idea che esiste il bene e il male, che il bene va compiuto ed il male evitato, che cosa sia poi il bene o il male per ogni singolo dipende da vari fattori. Ad esempio davanti ad una persona annegata nel mare possono nascere tre giudizi morali: meglio così, uno di meno. Oppure una disgrazia che non mi interpella. Oppure un grido contro l’ingiustizia. Tre sentimenti diversi che mostrano o mancanza di coscienza, o indifferenza, o coscienza sensibile. E questo non dipende dall’intelligenza, ma da un fattore x. Non si nega l’importanza a che la coscienza in parte possa anche venire formata. Dallo stato con le leggi: esempio la legge di rispetto verso l’ambiente può creare alla lunga una coscienza alla raccolta differenziata. Oppure da un gruppo religioso di appartenenza, come da una chiesa: che non ha da essere demagogica, repressiva, intimidatoria, diversamente cresce degli ipocriti e dei complessati. Oppure dalla famiglia: in difficile equilibrio educare i figli alle regole senza dispotismo onde evitare reazioni trasgressive in età adulta, ma anche lontano da amichevoli lassismi per non indurre “al tutto è niente, e niente è tutto”, all’indifferenza. Solo attraverso la testimonianza e l’amore il bambino interiorizza una regola. L’educazione alla coscienza va fatta con intelligenza, ancorché questa non si identifichi con l’intelligenza. A. Eichmann (1906-62) teneva sette lauree ma non aveva nessuna coscienza se si è permesso di mandare allo sterminio 5-6 milioni di ebrei. Appunto ennesima dimostrazione che non sempre chi ha intelligenza ha pure una coscienza.
Autore:
Albino Michelin
05.09.2003

Nessun commento:

Posta un commento