sabato 18 luglio 2015

I PARLAMENTARI ITALIANI ALLA MESSA DEL PAPA

Forse si è attirato un bel po’ di strali il cappellano di Montecitorio, Mons. Leuzzi, che il giorno 27 marzo ha avuto l’idea di invitare tutti i parlamentari nella Basilica di S. Pietro per assistere alla messa di Papa Francesco in occasione della quaresima. In un orario abbastanza inconsueto, alle 7 del mattino, con gente cascata in fretta dal letto, una levataccia, con gli occhi ancora stropicciati. Segno che molti pure del suo entourage non conoscono ancora a sufficienza il metodo e la spontaneità di Bergoglio. Forse si rammenta ancora il ruolo di Woytila quando entrava in Parlamento, e indipendentemente dal contenuto del suo dire, veniva omaggiato con baciamano e subissato da applausi. Un Papa anche Re d’ Italia, in sintonia ad una tradizione ormai bimillenaria, 518 gli intervenuti, fra ministri, sottosegretari ed ex. Arrivati in maggioranza con le auto blu, in sembianze di desasparecidos, mica tanto ad immagine di Papa Francesco. Ad eccezione di una panda da cui sono usciti 5 onorevoli, si disse fossero grillini, a dimostrazione che non tutti i deputati sono uguali, bando alle generalizzazioni. Comunque è difficile mettere al riparo tale cerimonia da ipoteche formalistiche e mondane. Anche in questo caso la religione è una moneta che si può ben spendere a scopi elettorali e di poltrone. Papa Francesco inizia, ma distingue bene la messa dai protocolli delle udienze e delle parate. Non concede nulla alle convenienze e ai convenevoli. Si intuisce subito il motivo per cui i media, specie di partito e di stato, non abbiano suonato le trombe nei giorni seguenti. Tutto è filato liscio e in sordina. Ovvio, basta guardare al tipo di predica. Un’omelia tosta e tagliente. Un brano del Vangelo in cui il celebrante sottolinea come al tempo di Gesù esistesse una classe politica dirigente che si era allontanata dal popolo per seguire le proprie ideologie e sfruttare la gente per la propria corruzione. In sintesi, con linguaggio rispettoso, Papa Francesco punta il dito contro i devoti della dea tangente, contro chi ha responsabilità della cosa pubblica e la gestisce a proprio interesse. No alla doppia vita, nemmeno quella per cui si ruba allo stato per dare alla chiesa. Sepolcri imbiancati, sono corrotti imperdonabili. E secondo la sua logica preferita Papa Francesco ripete che i peccatori saranno perdonati, ma i corrotti no. Perché questi hanno fatto una scelta, un’opzione di fondo, fissati sulla bramosia delle loro cose, 45 minuti con questo tono, è un bel salasso. Indubbiamente un discorso del genere fa piacere al popolo italiano, perché dice cose che tutti si aspettano da tempo, e le dice come stanno e le dice soprattutto in faccia a chi ha responsabilità di amministrare la cosa pubblica. Terminato il rito, ovviamente nessun applauso, nessun baciamano. Chiaro però che i partecipanti si lascino andare ad ogni sorta di commenti, come se da onorevoli si fossero sentiti trattare da disonorevoli. ”Ci ha fustigato invece che darci un messaggio di speranza. ”Persino il   cattolico praticante Bersani si lamenta: ”una romanzina, non ci ha nemmeno salutati.” Si teme che il prossimo anno tutti si facciano induisti per non andare più alla messa del papa. Sconvolgenti i commenti su internet: ”La casta a messa? Una galleria degli orrori, speriamo disinfettino la basilica.” Oppure” se avessero avuto un po’ di fede avrebbero dovuto andare tutti a confessarsi, non dai preti, ma dalle procure e poi dimettersi “Questa messa di Papa Francesco è un nuovo segno di rottura con il passato. Nel senso che non è stato lui, il rappresentante della cristianità a richiedere una sudditanza confessionale dei membri del governo italiano, ma ha solo offerto un vangelo di attualità a costoro che come tali si sono a lui presentati. Molto diverso dal gesto di Gregorio VII, quello che nel 1075 mise in ginocchio a Canossa l’imperatore Enrico IV ed emanò un preciso diktat: il papa è il solo uomo di cui tutti i principi baciano i piedi. A lui solo è permesso deporre gli imperatori. Una mentalità che ha fatto da sfondo fino a tempi recenti: il potere si inginocchia davanti alla chiesa per ottenere consenso. Un altro segno di rottura: il superamento della tutela stato-chiesa e viceversa. Una politica da sottobosco per cui ci si scambiava favori reciproci. Discutibili, specie finanziari nei confronti della chiesa. Elettorali nei confronti dello stato. Rotture nella logica di Papa Francesco, non condivise da tutti, ma certo di grande contenuto etico e morale.

Autore:
Albino Michelin
09.04.2014       

Nessun commento:

Posta un commento