giovedì 9 luglio 2015

A ZURIGO CON IL NUOVO VESCOVO NUOVE TENSIONI

E siamo da capo. Non c’è pace per i cattolici svizzeri della diocesi Coira-Zurigo. Dopo 8 anni di confortevole tranquillità per la mediazione del Vescovo benedettino Amedeo Grab, in seguito ad un decennio turbolento con il precedente W. Haas, rimosso e trasferito alla Parrocchia di Vaduz -Liechtenstein (promossa a ruolo d'arcivescovado) la Curia vaticana ritorna facendo a distanza pagare dazio pesante. L'8 luglio papa Ratzinger sceglie Vito Huonder, ex Vicario Generale, di stretta osservanza romana, quale nuovo successore di Amedeo Grab. Rispettata qualche formalità procedurale per salvare le apparenze, nessuna consultazione di base tra i fedeli, popolo di Dio, venne premessa. E con uno specifico mandato, come si evince dalle prime dichiarazioni del neoeletto: basta con le prediche dei teologi laici durante la messa, divieto dell’assoluzione sacramentale nelle confessioni comunitarie, drastica limitazione della presenza femminile nella formazione delle liturgie, scelta delle collaborazioni: Vicari Generali in stretta sintonia di vedute col nuovo responsabile della diocesi. In pratica solo il prete è deputato a predicare durante la messa, e solo la confessione privata diventa sacramentale. Strano se pensiamo che quando si battezza un bambino lo si dichiara sacerdote, re, profeta. E più strano ancora se consideriamo che nel Vangelo risultano ben sette le modalità del perdono dei peccati di cui una sola fra le sette è la confessione privata al prete. Ma lasciamo le considerazioni che ci potrebbero portare fuori argomento. In pratica, sepolti il Concilio Ecumenico, e il Sinodo Svizzero 72 (applicazione in loco del primo) si ritorna ad un'impostazione di chiesa tipica del Medioevo. Tutti clonati (cardinali, vescovi, preti) secondo la restaurazione romana iniziata da Papa Wojtyla e proseguita con l'attuale Pontefice. Premettiamo subito che Vito Huonder, il neovescovo, non ha proprio nessuna colpa di essere un conservatore, di avere questo impianto di chiesa. Egli è persona corretta e coerente con se stessa e con i principi ricevuti. Il problema risiede nel palazzo del potere, là dove così è stato deciso.  Ciò che concerne tutti va da tutti discusso: un adagio medioevale.
                      “Ciò che concerne tutti va da tutti discusso”: adagio medioevale
Esiste una certa fascia di cattolici zurighesi che in merito si appella ad un privilegio concesso ai canonici di Coira Zurigo il 28.6.1948 con il decreto "Etsi salva" di Pio XII.  Privilegio che conferisce loro il diritto di scegliere fra una terna di candidati, ovviamente dopo consultazione in loco. Diremo che questo privilegio non è molto importante, anzi ha fatto i l suo tempo. Oggi nella chiesa non devono più esistere privilegi solo per alcuni e doveri per tutti gli altri.  Correttezza evangelica vuole che oggi si aboliscano i privilegi, ma si conceda a tutte le diocesi, nonché parrocchie diritto-dovere di consultazione. E qui non occorre scomodare la storia della chiesa. Già dai tempi dei primi Santi Padri, Eusebio, Ireneo, Cipriano ecc.  si affermava: "ciò che concerne tutti (=elezione di un vescovo) deve essere da tutti discusso”. Papa Cornelio (251) è stato eletto dal popolo, come S. Ambrogio dai milanesi, radunatisi in piazza. Fino a tempi abbastanza recenti, caso tipico con il Beato Rosmini, il quale nel 1832 pubblica "Le 5 piaghe di S. Chiesa" e descrive la quarta che consiste nella elezione dei vescovi allorché si esclude la consultazione popolare. Popolare dei cattolici ben s'intende. Non certo degli anarchici o degli atei. Conosciamo bene le possibili obbiezioni vaticane: "dare in mano alla comunità cristiana l'elezione del vescovo significa fomentare divisioni, fazioni, partiti politici “. Preme rispondere: "meno di quello che si pensa". Certo non è necessario allo scopo piantare gazebo in tutte le piazze e chiamare a raccolta ogni tipo che passa. Ci possono essere tante strutture semplici democratiche, essenziali e rappresentative, basta volerle. Piuttosto vere battaglie e divisioni nella cattolicità si sono avute lungo la storia allorché gli imperatori mandavano al trono e tiravano giù papi e vescovi a loro piacimento. E viceversa. Il tutto per contese politiche ed economiche. Come Napoleone (1812) che catturò Pio VII e lo fece prigioniero in Francia. Questione di potere, altro che per amore della fede di Gesù. Oggi l’elezione di un vescovo tramite consultazione della comunità cristiana causerebbe meno equivoci di un tempo. Oggi la democrazia nella società ha pure contribuito a maggior corresponsabilità nella chiesa. Non basta invitare i fedeli a pregare lo Spirito Santo affinché mandi un vescovo per bene in una diocesi, bisogna anche dare spazio a riflessioni pastorali affinché i fedeli stessi facciano emergere problemi prioritari e di prima necessità. Altrimenti a che serve predicare che tutti i battezzati hanno lo Spirito Santo e i cresimati ne hanno ancora di più? Quello che sta succedendo oggi in Brasile è emblematico.  La Curia   romana   ha   condannato la Teologia della Liberazione?  Ha voluto imporre vescovi e cardinali conservatori, ligi al filone romano? Ecco i risultati: la gente se ne va verso le sette e le altre confessioni religiose che meglio aiutano a vivere il concreto della vita con il popolo dei poveri. Nemmeno in 10 anni ben 14 milioni di cattolici hanno lasciato la nostra religione per le altre. Qualche lettore dirà  "meglio così, una religione vale l’altra".  Certo le motivazioni non risiedono tutte nel fatto che la Curia romana abbia imposto un episcopato di suo conio, non tutte, ma in parte sì.
                                          Dove va oggi la cattolicità zurighese? 
Anzitutto nel contesto e nella fedeltà alla sua tradizione. Da secoli educata alla democrazia e quindi al coinvolgimento nelle scelte più importanti. Determinante per essa non è il principio di autorità, ma di coscienza. Una cattolicità niente affatto ondivaga, codarda, che getta la spugna, ma coerente, resistente, con obbiettivi ad onda lunga, con motivazioni basate sul Vangelo, sui diritti dell'uomo, sul valore del localismo. Dicono che gli svizzeri, specie gli zurighesi, ci hanno addosso il complesso antiromano. Essi rispondono che pure Roma ha i suoi complessi di turno: una volta antisvizzeri, altra volta antifrancesi, antiasiatici, antiafricani, ecc. La Chiesa romana dovrebbe essere universale nel senso che sa rispettare le diversità ambientali. Non deve imporre a tutti i suoi menù, le sue fettuccine, i suoi vini Frascati. Ovvero il diritto dell'antico impero romano. La comunità cattolica di Zurigo si è data piano programmatico.  Il Vicariato Generale ai primi di aprile ha divulgato in modo capillare un’inchiesta nella quale si rivolge attraverso diversi punti direttamente al Vescovo. 1) Perché Lei Signor Vescovo è andato alla Stampa con le sue dichiarazioni prima di convocare i collaboratori, i preti, i teologi, le assistenti pastorali? Ha forse paura di noi o le manca il coraggio? 2) Perché Lei divulga in anteprima le sue proibizioni ai laici di predicare durante la messa, il divieto dell'assoluzione sacramentale nella confessione comunitaria, la sua chiusura verso ogni tipo di ministero femminile? 3) Perché Lei si è scelto due Vicari Generali senza chiedere previo parere alla base? Perché vuole togliere a Zurigo un vescovo ausiliare dal momento che il nostro cantone per la sua vastità esige una figura autonoma e disponibile? 4) Perché il 74% delle lettere ai giornali rifiutano il conservatorismo della chiesa, il Suo   compreso? Perché i media devono screditarci divulgando a tutta pagina: ”l 'alto clero porta la chiesa verso la bancarotta?" 5) In che mondo e in quale chiesa vive Lei? Nessun rapporto pastorale. Perché strapazza la lealtà dei nostri cattolici e provoca conflitti senza fine?
                                  Mons. Huonder rischia di fare corsa solitaria
Ancora una volta si ribadisce che tali domande non costituiscono una critica a Mons. Huonder in quanto egli è in assoluta buona fede con il suo mandato.  Sono domande rivolte a chi ha deciso di dare agli zurighesi un vescovo che facesse corsa solitaria. Nello specifico diciamo che in ogni parrocchia si sono organizzati e verranno moltiplicati gli incontri sul tema. Nonché registri disponibili in tutte le segreterie per sottoscrizioni di protesta. Il 10 giugno è prevista un'assemblea diocesana con tutti i decanati per trarne le conseguenze. Questa vicenda comunque non avrà percorso breve. Gli addetti prevedono alcune varianti: o il vescovo ammorbidisce le sue decisioni e diverrà più conciliante, oppure le tensioni si prolungheranno per anni. L’amministrazione cantonale tasse del culto teme di dover tagliare i fondi all'episcopio e al vescovo, come nel caso Haas, se non si arriverà ad un compromesso. Dispiace che il caso prenda questa piega. In un mondo e in una società in cui la fede diventa sempre più difficile e rara mette a disagio una Chiesa di Roma che per motivi di prestigio continua a creare nel nostro ambiente malesseri senza fine, destinati solo a pregiudicare la credibilità di tutti coloro che in fondo ci tengono ad appartenere alla chiesa di Gesù. 

Autore:
Albino Michelin
06.06.2008

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