venerdì 17 luglio 2015

IL VESCOVO DI CASERTA DELEGITTIMATO DA COSSIGA

Su guerra e pacifismo a distanza di 4 mesi varrebbe la pena dì rivisitare a ritroso con la moviola della cronaca quell'acceso dibattito sviluppatosi fra l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga e l'attuale Vescovo di Caserta Raffaele Nogaro. Non si tratta di riprendere un discorso tète a tète a due, ormai superato dagli avvenimenti, quanto piuttosto di rievocare alcune componenti morali sull'intervento armato in Afghanistan che rischiano di cadere nel sommerso e dimenticare una lezione di vita per la gente comune. In effetti, altre guerre potrebbero sempre essere in agguato. L'aspra tenzone Cossiga-Nogaro serve anzitutto ad evidenziare le posizioni diverse nella società italiana, sia a livello laico come dei credenti. Si tratta di un terreno potenzialmente fertile e per certi versi assai promettente. Il Vescovo di Caserta è noto per la sua attenzione ai più deboli e diseredati, ma pure per essere stato il primo prelato in Campania e nel Mezzogiorno a rilanciare una cultura per la pace insieme al compianto Tonino Bello, vescovo di Molfetta (Bari). Non a caso proprio a Caserta si svolge da diversi anni un'importante marcia della pace. Monsignore Nogaro in un'intervista concessa al Corriere del Mezzogiorno (9.11.01) ritenne che il nostro intervento bellico in Afghanistan fu anticostituzionale perché nella nostra Costituzione non si parla mai di guerra offensiva, ma solo difensiva. L'Italia secondo lui, non entrò in guerra perché attaccata dai terroristi, ma per non sfigurare al cospetto degli altri paesi europei. Questa la sua prima affermazione. Nella seconda aggiunge che i Parlamentari cattolici votando qualche giorno prima a favore della guerra hanno agito "contro coscienza, contro se stessi, contro gli altri". Non entriamo in merito al primo asserto perché si finirebbe in un ginepraio di distinguo. Interessa il secondo e qui ci trova parecchio e parecchi consenzienti. Cioè ogni credente può esprimere a credenti fratelli nella fede un invito all'obbiezione di coscienza senza che si debba parlare di ingerenza negli affari dello Stato. Diversa sarebbe stata la posizione del Vescovo se egli si fosse rivolto al Parlamento in quanto tale, a tutti gli effetti laico e come tale da considerarsi. Ma il 15 novembre, nemmeno una settimana dopo, nello stesso Corriere del Mezzogiorno viene pubblicata una lettera aperta di Cossiga, Presidente emerito, carica di una veemenza inaudita. Scatta subito la dinamica alla escalation all'italiana, il 16 gli da contro e reagisce Massimo Cacciari, il 17 il Vescovo Bettazzi e il teologo Bruno Forte. Nello stesso giorno, fiutando l'aria replica Cossiga, il 18 interviene a contestarlo Famiglia Cristiana, il 20 di nuovo Cossiga si permette ed esige una sua terza replica. Fa la parte del leone ma si trova contestato dall'intervento congiunto dei gruppi di base cattolici. Nel suo primo documento fiume di ben 436 righe il Senatore conclama anzitutto le sue credenze di cattolico doc, fedele assertore della dottrina della chiesa. Sembra prospettarsi uomo di grande apertura, smentitosi invece nel corpo del suo intervento. Ciò premesso egli inizia scaricando i suoi colpi di "piccone" sul povero malcapitato vescovo definendolo: "presunzione dottrinale, arroganza autoritaria, scarsa dottrina" ed altri epiteti consimili, meravigliandosi come la sua classe "dirigente" (cioè il Vaticano), secolare esperta nel reclutamento della propria leadership, l'abbia potuto scegliere come vescovo e tale lo mantenga, preposto ad una diocesi importante come quella di Caserta. Il 17 ed il 20 novembre l'onorevole rincara la dose colpendolo ripetutamente per le sue fughe in avanti e per i suoi fanatismi, le sue fantasticherie teologiche, la sicumera, il linguaggio demagogico. Con semplificazioni false e menzognere si è assunto una responsabilità morale grave nei confronti della Chiesa e dello Stato. Sempre lo stesso autore cala il sipario dando al prelato del civettuolo, esibizionista, impudente ed imprudente, atteggiamento da tardo seguace della teologia della Liberazione. En passant Cossiga dà anche una bella lavata di capo a Don Reboldi Vescovo emerito di Acerra, espostosi a prendere le difese del confratello. Ecco le testuali parole: "della nomina di Don Reboldi io sono responsabile per aver convinto da Ministro dell'interno il Governo della Repubblica a rimuovere il veto che intendeva porre contro la sua candidatura". Che fosse Cossiga anziché il Popolo di Dio a scegliere i propri Vescovi in Italia, questa suona proprio nuova. A meno che non si tratti di una sottospecie di delirio di onnipotenza. E da cattolico doc, come il Senatore amò definirsi, chiude l'incidente con la scomunica addolcita dall'orazione dei giusti: "ho il dovere di oppormi a Lei e di indicarla come vescovo che abusa del potere conferitole dal sacramento dell'ordine e della investitura della Santa Sede. Prego Dio perché la perdoni e la faccia ravvedere.” Così Nogaro messo alla gogna passò di fronte a tutti come un pessimo vescovo. Ma apparentemente e provvisoriamente. La polemica ha innescato un turbinio di reazioni. Numerose quelle in disaccordo con il rappresentante della diocesi di Caserta, basate sulla matrice: "contro l'Afghanistan questa è una guerra necessaria, chi sta contro la guerra è con il nemico, si schiera con i terroristi". Altrettanto numerose e più significative quella in suo favore, non solo provenienti da centinala di uomini di pensiero e di cultura ma soprattutto dai gruppi di base, vera speranza di un mondo migliore, come: la confederazione degli Istituti Missionari, i Beati costruttori di pace, la Pax Cristi, Amnesty Internazionale ecc.
Pure il sottoscritto, quale membro del movimento internazionale e trasversale "Anche noi siamo chiesa", in questo come in tanti altri fenomeni alternativi di società e di chiesa, interpellato in quanto coordinatore della componente italo­elvetica, ha fatto pervenire al Corriere del Mezzogiorno adesioni di sostegno. Sappiamo che Mons. Nogaro non si è allineato alla posizione dell'Episcopato Usa e di quello italiano, rappresentato dal Card. Ruini, per i quali "era legittimo l'uso della forza militare in questa tragica circostanza".
A guerra finita (!?), dopo che in Afghanistan si è fatto il deserto e il deserto viene chiamato pace, molti si sono ricreduti e stanno sempre più a ricredersi sull'opportunità di aver fatto terra bruciata. Del senno dì poi. .. Questo è un rinsavimento troppo tardivo, che si spera sia tempestivo e premonitore per il futuro.
Sappia Mons. Nogaro che non fanno paura le parole dei violenti, né quelle camaleontiche dì qualche membro della gerarchia cattolica, fanno paura solo i silenzi dei pacifici. Che il Vescovo di Caserta non si lasci mettere la museruola da nessuno, confidi piuttosto, in questi tempi duri per i profeti, della solidarietà di tanti volti sconosciuti, ma vigilanti ed uniti per la stessa causa.

Autore:
Albino Michelin
15.03.2002

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